Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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mercoledì 15 febbraio 2012

Alfio Belluso - le poesie nella Scena illustrata del 1899

Alfio Belluso (Augusta1855 – Catania, 1903) è stato un poeta e scrittore
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"Signori, chi dei poeti nostri amò e cantò così la Sicilia ? Il Belluso senza esagerazione dopo Lionardo Vigo che da erudito poeta scrutò ogni angolo dell'Isola, è il più siciliano dei nostri minori poeti, e sarebbe per questo lato il più vicino al Meli, se della vita e della natura campestre siciliana egli cogliesse le forme e gli spiriti con più immediato e più vario sentimento di arte, e troppe volte non si dilettasse di cogliere suoni e colori che dileguano e sfumano..." N. Vaccalluzzo
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Scena illustrata  1.4.1899  
Una povera Bara

Nell' umida invernal grigia mattina, 
Era più triste 'l monastero : fuori 
Usciva dalla bassa porticina 
Una povera bara senza fiori.

L' avean seguita fino all' uscio, in muto 
Raccoglimento, le compagne, e quando 
Diero alla salma l'ultimo saluto, 
Qualcuna si ritrasse singhiozzando.

Poi rientraron tutte entro la cella, 
E pregaron per lei che se n'andava, 
Sola, cosi come una poverella, 
E ancor nell'ombra e nell' oblio tornava.

L'avean composta colle bianche  mani 
Nella cassa... Com'era anch'ella bianca! 
Mirato non avean sguardi profani 
Quella sua faccia rassegnata e stanca.

E se n' andava e trascorrea da morta 
La via lucente che ignorò da viva ; 
Ma il dolce sol non c' era, e stretta e corta 
Era la via... — Presto laggiù s'arriva,

O buona, e quando l'ultima palata 
Di terra t' han gittato, e del compianto 
Appena la dolente ora è passata 
Di te non pensa chi t' amava  tanto ! —

Forse la vita sua fu come un sogno 
Tranquillo, senz'ardori e senza brame, 
E non sentì la mite alma bisogno 
D' espandersi o di stringere un legame.

E tanti anni passar lenti e quieti 
Fra le preci, e gli uffici umili e casti, 
Sempre il silenzio pio delle pareti, 
E mai le lotte torbide e i contrasti.

Ardea la debol vita, come 'l fioco 
Lume della candela sull'altare, 
E così, come cera, a poco a poco 
Si vedea quella vita consumare.

E 'l trepidante vol del suo pensiero 
Verso Dio, verso il ciel correa perduto... 
Oh questo mondo e questo atro mistero 
Meglio ch' ella non l'abbia conosciuto !
                                                     

Commemorazione fatta a cura del Municipio nel Teatro comunale di Augusta il giorno 8 Maggio 1904 dal prof. Nunzio Vaccalluzzo 

"....Alfio Belluso, del quale , o Signori, voi avete voluto dare a me l'onore di parlarvi. E di tale onore io vi ringrazio dal profondo del cuore, non perché per speciali meriti io mi creda idoneo a ciò, ma perché di calda e sincera amicizia io fui legato ad A. Belluso, e mi è però dolce immaginare che all'amico mio, se di là della morte giunge voce di quaggiù, non sarà discaro il sapermi commemoratore della vita e dell'opera. Vita ed opera modesta, o Signori; senza nè ambizioni nè pretenzioni. Ma, se è vero che noi italiani siamo troppo seri e furbi per esser poeti, Alfio Belluso fu poeta vero, perché fu un ingenuo e un idealista nella vita e nell'arte. E fu un autodidatta, perché studi non ebbe, di nessun genere; e non ebbe nè lauree nè diplomi;  e la mente agile e sveglia venne nutrendo di letture moderne, così come gli venivano alla mano, nei ritagli di tempo che il modestissimo ufficio gli permetteva (segretario alla provincia di CT)...."

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   Scena illustrata 15.9.1899

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Opere 

  • Primi versi - Tip. di G. Pastore, 1875
  • Ultimi - ed. Niccolo Giannotta, 1882
  • Sursum corda - N. Zanichelli, 1886
  • Uomo: Canti - Niccolò Giannotta Edit.1896
  • In solitudine: [versi] - Niccolò Giannotta Edit.1889
  • Raggi e ombre: versi - N. Giannotta, 1892
  • Sicilia: sonetti, ed N. Giannotta, 1894
  • Uomo: canti - ed N. Giannotta, 1896
  • Cerere - N. Giannotta, 1899
  • Piccola morta: versi - N. Giannotta, 1901

Romanze [parziale]


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A' pie' dell'Etna 


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Sursum corda, Zanichelli, 1886. "Immagini sinistre, odori mefitici, atmosfera nauseabonda, suoni lamentosi: sulle macabre ritualità cattoliche aveva speso versi celebri già Ugo Foscolo nei Sepolcri (1806). Qui, con più modeste pretese, a Belluso interessa solo fuggire verso il sole e la vita. Cioè, il più possibile lontano dalle chiese."
In una chiesa


* Pagine scritte per wikipedia e wikisource

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Sole (inno)

Gloria cantate o rive.
Per la luce infinita
Del sol, aquila altera,
Il vol spicca la vita,

Sembra un altare il monte,
Sembra un altar l'oriente,
Donde il sol benedice
Questa terra fiorente.

Al dio tendon le rame
Gli alberi verdeggianti,
A lui si levan fremiti,
A lui si levan canti.

Ei sale, sale il trono
Del ciel fiammante e terso,
Ovunque guarda e penetra,
Occhio dell'Universo !

Gl'increspamenti argentei,
L'azzurro e la bonaccia
Dona egli al mar, co'grandi
Fulgori il mare abbraccia.

Alla terra dà il forte
Germe, che mai non muore,
L'aurora ed il crepuscolo.
Da la vita e l'amore.

Ea l'uom dà l'ardimento
Nobile e battagliero,
La robustezza, l'impeto
E il gagliardo pensiero.

Che si disfrena e irrompe
Con forza di leone,
Arcngelo di pace,
Spirto di ribbellione;

Che corre, corre, corre
Onnipotente e grande,
Che meraviglie nove,
Che nova luce spande
................................

Fissar dio sole, quella
Tua sfera che sfavilla,
Vorrei, come d'amante
Si fissa la pupilla.

E come in essa scrutansi
I misteri d'amore,
L'eternità, l'origine
Scrutare del tuo splendore.

domenica 12 febbraio 2012

L'osservatorio Etneo, di Federico De Roberto - 1880

Rivista scientifico industriale 30.4.1880 con autografo di F. D.

* Copia della rivista appartenuta a Federico De Roberto

venerdì 19 novembre 2010

All'Etna


All'Etna

Or che il florido maggio i campi tiene,
E si destano al sol flagranze e canti,
Poggi nitido il capo alle serene
Di luce e di salute aure festanti.

Trescano ai piedi tuoi silfi e sirene;
Fremon dentro di te sofi e giganti;
E tu tranquillo di vermiglie arene
E di colti e di boschi ampio t'ammanti.

Muto io ti guardo dal campestre nido,
Propizio all'arte e alle memorie care;
E azzurreggia lontano il mare immenso.

E se alle vostre picciolette gare,
E agli odi vostri, alme rissose, io penso,
Più che di sdegno, di pietà sorrido.


Dalle (( Religiose )) (1887) di Mario Rapisardi