Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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giovedì 24 novembre 2011

LE FESTE BELLINIANE [15 ottobre 1876] di Federico De Roberto




(Nostra Corrispondenza).
Catania, 26 settembre. Da un mese Catania è in uno stato anormale, ognuno si sente in dovere di adoperarsi per ricevere degnamente il grande concittadino, e tutti si sono adoperati tanto che per la ristrettezza del tempo si sono fatti, miracoli. Il 21 tutto era pronto. I treni e i piroscafi provenienti da tutte le direzioni versavano a migliaia i forestieri, e la folla curiosa circolava per le vie della città adorna di un infinito numero di bandiere nazionali e di quelle di tutte le nazioni del mondo. Il 22 l'accorrenza dei forestieri aumentò ancora. Tutti i balconi erano parati a festa, sui muri, delle vie si vedevano le immagini di Vincenzo Bellini circondate da ghirlande e festoni di fiori, e su tutte le bocche risuonava il suo nome; era un vero entusiasmo.
L'arrivo delle ceneri era fissato per le sei; le vetture versavano i curiosi al suolo, alla Piazza dei Martiri e alla Stazione.
Tutti i bastimenti erano pavesati a festa. Gli occhi erano rivolti a quell' angolo di terra ove doveva apparire la squadra; imperocché il ministro di agricoltura industria e commercio aveva promesso al Municipio che insieme al Guiscardo che doveva portare le ossa di Bel lini, sarebbe venuta la squadra che era a Taranto.
Alle 4 pom. Lasta di prua d'una nave spuntava dalla terra,  tutti i cuori palpitarono; era il Guiscardo. L'annunzio corse in un baleno per la città. I due colpi di cannone che si tirarono da terra, ebbero un' eco sulla spiaggia opposta e in tutti cuori. Ma la delusa aspettativa della squadra produsse una cattiva impressione.
Ancora mancava molto tempo all' ora stabilita, ed il Guiscardo si avanzava lentissimamente. Elle 5 ore meno pochi minuti la corvetta era all'altezza della lanterna. Allora incominciarono le salve. Era il grido di gioia che Catania emetteva ricevendo il figlio suo; era il saluto che gli inviava. - La corvetta rispose alle salve, avvolgendosi nel denso fumo dei suoi cannoni. A regolari intervalli brillava un fuoco, e dopo un 12 secondi si sentiva il lontano tonar del bronzo. Era ancora distante più di 4 chilometri. La rotta era al sud, poi fu portata a sud-ovest. Si seguitò così fino a che arrivò nella direzione del molo vecchio. Allora si avanzò nella direzione del porto ; il quale cominciava a coprirsi di barchette che andavano all'incontro della corvetta e poi le tenevano dietro. Intanto seguitava il cannoneggiamento da terra. Allorquando la nave imboccò il porto si udì un batter di mani fragoroso, i cappelli si abbassarono ed i fazzoletti sventolarono. I membri della Commissione erano raccolti sul casseretto insieme cogli uffiziali di bordo e salutarono la folla stipata alla lanterna, al molo, sui palchi ,  alle   finestre e dentro le barche.
Alle 5 1/2 il Guiscardo gettò l'ancora. Finirono le salve, ma il batter delle palme continuò più fragoroso. Appena il Guiscardo si fermò, la banda intuonò l'inno reale e le altre bande seguitarono i loro concerti.
Intanto annottava. Si cominciò ad accendere i lumi. In 5 minuti il mare fu coperto di punti rossi vagolanti. Alle 6 ore e 10 si accesero i fuochi di bengala alla lanterna. Grandi fuochi di legna brillarono sulla costa e dall' alto del Salvatore, i razzi multicolori solcavano l'aere, le granate scoppiarono e i mortaletti aggiunsero il loro fragore all'incantevole scena. Il Messaggiere, avviso della R. Marina, fu illuminato a fuochi di bengala, e lo stesso Guiscardo. Poi a poco a poco i fuochi si spensero, le barche rimisero a terra i curiosi e la folla sgombrò il porto per gettarsi nelle vie.
L'illuminazione di queste era magnifica, tutte la case splendevano I giardini Pacini e Bellini ridondavano di luce, le bandiere vi sventolavano e le bande vi intrattenevano la gente con la musica di Bellini. In Piazza degli Studi era eretto un palco, sul quale fu scoperto un trasparente del prof. Rapisardi, rappresentante l'apoteosi di Bellini: gruppo di angeli che portano Bellini in cielo, e la melodia piangente che fugge. Su quel palco si tennero concerti vocali e strumentali, l'ultimo dei quali fu l'apoteosi di Bellini, scena drammatica posta in musica dal maestro Pacini.
Per finir la serata si illuminò a fuochi di bengala la via Vittorio Emanuele, alle cui estremità si videro apparire una grande lira ed un arco di trionfo.
Ma se la festa era finita, la gente voleva assistere allo sbarco delle ceneri, e muta si portò al porto. La barca funeraria fu staccata da terra e il feretro fu posto nella carrozza dell'ex S. P. Q. C, che si mosse seguita dalla folla che gridava : Evviva Bellini ! — Alla Porta Uzeda si intesero le grida di: Abbasso i cavalli! a noi Bellini! Dalla Porta Uzeda alla Porta Aci le grida raddoppiarono: Staccate! Via i cavalli! Ai catanesi Bellini! Evviva Bellini! La carrozza non potè andare più innanzi ; si staccarono i cavalli, s'intese un immenso grido , la gente si precipitò al timone. Fino alla piazza del Borgo non s'intesero altre grida che: Evviva Bellini! e fra esse: Viva la Francia! Viva Parigi e Catania! Mani frenetiche agitavano i cappelli ed i fazzoletti, la gente veniva ai balconi, le finestre si illuminavano. Fu una vera marcia trionfale. Alle 2 la carrozza arrivava al Borgo, ed il feretro fu esposto nella cappella ardente.
Il domani, alle ore 10 e 1/2, le reliquie di Bellini furono  solennemente   consegnate  al. 
Sindaco e alla Giunta municipale.                              
- Tutte le deputazioni delle associazioni citta- dine, nazionali ed estere; le rappresentanze dei corpi scientifici ed artistici ; il rappresentante della R. Casa, generale de Sonnaz, ecc., ecc., si adunarono alle 11 e 1/2 al Palazzo di Città. Il professore Ardizzoni lesse un discorso che fu applauditissìmo.
Alle 3 tutte le deputazioni e rappresentanze, la  milizia,  l'ufficialità  dell'esercito, lo  stato maggiore delle navi il « Guiscardo » ed il Messaggiere arrivarono alla piazza del Borgo, a cui fu dato il nome di Piazza Bellini. Alle 3 e 3/4 un sarcofago di ebano con lavori in argento fu    posto sopra un carro a tre ordini. Il primo era    una specie di grande biga, sostenuta da quattro    
ruote eguali. Sul basamento davanti era posta la statua della Melodia,  di dietro un trofeo di     bandiere delle nazioni e città ove Bellini colse    gli allori.  Dal primo basamento si  elevava il secondo ordine coperto da una coltre di velluto nero con il nome di Bellini ricamato in argento.     La  coltre era sostenuta da festoni appesi ai    colli di quattro cigni, posti agli angoli superiori del secondo, basamento. Il terzo ordine era composto di dieci cariatidi rappresentanti gli spartiti di  Bellini e sostenenti  una barella su  cui era il sarcofago. Dopo alcuni tentennamenti di quest'ultimo  si dovette  rafforzare la barella; un' altra fermata si fece sotto l'arco di trionfo, eretto sulla piazza per tirarne la fotografia. Infine il corteo sì pose in moto. Lo aprivano un pelottone  di carabinieri a cavallo, seguivano i chierici e le rappresentanze dell'Istituto nautico, dell'Università, della Società dei figli dell'Etna, figli  del  lavoro, del Circolo dei cittadini, del Circolo degli operai, dell'Accademia  gioenia, della  Società  artistico-musicale, ecc.;  in  fine un  battaglione di   linea   con   musica e bandiera. Ai lati del carro tirato da tre quadriglie di cavalli, guidate a   mano  da   valletti    in  costume  del secolo XIV, due  gonfalonieri  portavano i gonfaloni della città. Dietro il carro veniva la famiglia di Bellini, cioè il fratello, la sorella ed un nipote; il sindaco, il prefetto, il rappresentante della R. Casa, l'uffizialità dell'esercito, il corpo universitario, giudiziario e consolare, i rappresentanti del Senato e del Parlamento, i senatori e i deputati, i comandanti delle navi, gli uffiziali della R. Marina, i decorati degli ordini di Savoia, SS. Maurizio e Lazzaro, Corona d'Italia, i sindaci invitati ecc., ecc.
Veniva dopo un secondo battaglione con musica, un'altra banda ed una compagnia di fanteria di marina.
Durante il trasporto le bande suonavano marcie funebri. Dai balconi piovevano i fiorì, i mazzi, le corone, i sonetti. Alle 6 il carro giunse alla Cattedrale, sul cui frontone in una coltre nera era scritto;
Questa basilica — ove dormono dimenticate — le ossa di tanti re — diventerà questo giorno famosa — per la tomba — di — Vincenzo Bellini.(di M. R.)
Il feretro fu portato nella chiesa che era tappezzata, di velluto nero, dalle arcate pendevano cortine di velo nero, l'abside era occupato da un palco ove 200 ragazzi cantarono uno stupendo coro del maestro Coppola. Il feretro fu posto sopra un catafalco a due ordini. Il primo poggiava sopra una scala di tre gradini, era tappezzato di mortella e cipresso che disegnavano delle arcate gotiche occupate da genii in argento. Il secondo ordine era tappezzato di velluto nero con trofei musicali, in argento. Su di esso fu posto il feretro coperto da una coltre di raso bianco con ricami in oro. Nei tripodi di bronzo ardeva l'incenso, mentre tutta la chiesa era illuminata.
Quella sera, al giardino Bellini, ove era accorsa una folla immensa, si suonarono pezzi di Bellini accolti da fragorosi e ripetuti applausi.
La domenica, 24, la chiesa era trasformata in cappella ardente. Con assistenza dell'arcivescovo e del rappresentante la R. Casa si cantò la gran messa da Requiem del maestro Coppola, diretta da lui medesimo. La messa è veramente grande. I canti funebri e celestiali vi abbondano, i cori sono stupendi; e tutto ciò, unito ai motivi grandiosi dell' Agnus Dei' e del Miserere, fa un insieme degno di chi la scrisse e di quello a cui è diretta.
Fu poi discoperto il monumento sepolcrale, opera dello scultore Tassara, composto d'un basamento in cui sarà incastrato un bassorilievo rappresentante una scena della Norma. Sul basamento è un'urna, su cui il Genio della Melodia depone una corona. Il tutto è sormontato da un'arcata che finisce con una croce a braccia uguali, e sul cui fondo un bassorilievo rappresenta l'Apoteosi di Bellini. L'Apoteosi ed il Genio sono in gesso, non essendo arrivati quelli in marmo. Ai piedi del monumento è la tomba su cui sta scritto: 
Bellini.
La sera la banda di Messina intuonò l'aria del Pirata : Nel furor delle tempeste , che fu fatta ripetere ben otto volte.
Infine si illuminò a fuochi di bengala tutta la via Stesicore Etnea, e dissipato il fumo si lesse siili' arco di trionfo il nome di Bellini, che ornai riposa nella terra che lo vide nascere.
                                                                                                                                   
F. De Roberto.


[Anno III. - N. 51, 15 ottobre 1876]

lunedì 4 ottobre 2010

Vincenzo Bellini il ritorno a Catania dei suoi resti e quello che molti non dicono.


Oggi come allora, le amministrazioni Catanesi, raramente si sono occupate della difesa dell'arte cittadina, prova n' è, che senza l'intervento di illustri uomini, anche i resti del Bellini sarebbero rimasti in terra straniera.  Oggi il mercimonio culturale rende le cose, ancora, più difficili. 
-
Nel novembre del 1869, mandando, in riconoscente omaggio, tale lirica di greca fattura a F. Rausch, traduttore tedesco del suo poema « La Palingenesi », Mario Rapisardi gli scriveva: « ...questi versi consacrati alla memoria gloriosa di Vincenzo Bellini. Sono scritti da qualche anno, (1867)ma mi piace di pubblicarli adesso sotto il vostro nome, non solo per attestarvi pubblicamente la profonda riconoscenza dell'animo mio; ma perché sappiate, voi ed i vostri amici di Francoforte, che Catania non ha ancora eretta una pietra che ricordi il sacro nome di Colui che le ha dato nome innanzi a tutte le genti! ». Il 25 novembre del 1869, egli pubblicò, su « La Scena » di Venezia, la sua magnifica ode « A Vincenzo Bellini », esprimendo il voto che le ceneri del compositore venissero, da Parigi, traslate dagli esperi colli a la devota natia città.
"Tu dagli esperj colli a le devote
Sicule piagge, al nativo Etna riedi,
Tu, cultor de le Grazie e sacerdote,
La sacra orgia presiedi." (per intero QUI)
E nel Maggio dello stesso anno, aveva scritto ai Membri della Giunta Comunale di Catania: « Le ossa di Bellini sono in terra straniera. Ah! non si dica, per Dio, che un paese che sa onorare la virtù dei suoi vivi possa poi dimenticare di erigere un sasso su le ceneri del più grande e del più glorioso di tutti i suoi figli ».




Nel marzo del 1876, il Rapisardi comunicava al Sindaco della città che lo scultore Tassara accettava l'incarico di « eseguire il monumento a Bellini », nella cattedrale, malgrado il breve tempo ed il modesto compenso.
Il 18 luglio 1876, da Firenze, egli mandava allo scrittore catanese ing. Francesco Rapisardi una vibrante lettera di protesta per la indifferenza dell'amministrazione municipale per quanto riguardava la gloria del Bellini. Eccone alcuni brani:

« Scrissi ad Ardizzoni alcune cose che mi stavano su lo stomaco intorno alle feste belliniane; mandai al sindaco tre giornali, in cui si smentiva la voce che le feste fossero rimandate alle calende greche; a te non ho a dire altro che ti so molto grato della lettera gentile e più ancora delle cure operose che ti dai per la riuscita della solennità ».
« Io non so quando potrò essere di ritorno... Pure io ho fede che la mia assenza non sarà neppure avvertita, e che le cose andranno in maniera che nè Bellini nè l'onor vostro se ne abbia a dolere ».

Ed ecco la più vivace delle lettere postume del Rapisardi riguardanti le onoranze alla memoria di Vincenzo Bellini. Reca la data del luglio 1877, ed e diretta a Serafina Tassara.

« Fui chiamato al Municipio per l'affare del bassorilievo or sono circa due mesi. Dissi che il bassorilievo è bellissimo, e feci osservare la convenienza di farlo eseguire in bronzo.
Ma il prezzo? saltò su a dire il sindaco. Il prezzo, dissi, non sarà maggiore di quella gratificazione che abbiamo promesso al Tassarà oltre le 6000 lire. Gratificazione? quale? Come! non ne sa nulla? mi meraviglia. Eppure nelle lettere, nei verbali, deve esser detto espressamente... Nelle lettere e nei verbali non se ne fa parola. Impossibile! chiamiamo il segretario. E' inutile: ho guardato da me. Allora, signor barone, faccia il piacere di convocare l'ex-commissario, per onor mio e di tutti ».
...« Riunita la commissione, tutti, meno Ardizzoni, fecero gl'indiani. Chi non sapeva, chi non ricordava...
Ma, santo diavolo! feci io: dicono proprio davverò? La rimunerazione promessa non è stata legalizzata? Colpa del segretario. Non si trova accennata nei verbali, non si trovano le nostre lettere? Non importa. C'e qualcuno che vuol mettere in dubbio la mia parola? ».
A questo punto, intervenne il sindaco, il Barone Enrico di Serravalle, che domandò l'ammontare della gratifica promessa allo scultore Tassara per il monumentino che orna la tomba di Bellini, nella Cattedrale di Catania; ed essendogli stato risposto che la cifra era di duemila lire, disse che non poteva far niente, se prima non ne avesse ottenuto l'approvazione del Consiglio comunale, a cui l'avrebbe proposto. E con giusto sdegno, così continua il Rapisardi la sua lettera alla Tassara:
« E se il Consiglio negasse? Il barone si strinse nelle spalle. Ebbene, se il Consiglio nega, noi della Commissione pagheremo noi, abbiamo fatto lo sbaglio di confonderci con un'amministrazione che non merita e non apprezza i nostri servigi. E pagheremo: ci servirà di lezione ».
Scrivendo a Francesco Paolo Mulé, nel dicembre del 1902, il poeta plaudiva all'inizativa d'un comitato giovanile di Palermo di erigere un monumento a Bellini, in quella magnanima città.
Nel 1904, si scusa col sindaco di Catania di non potere collaborare efficacemente alla Commissione per le onoranze a V. Bellini.
Cosi, nella medesima città etnea, il genio della Poesia, impersonato in Mario Rapisardi, onorava quello della musica, in Vincenzo Bellini.

Questa basilica
ove giacciono dimenticate
le ossa di tanti re,
diverrà da questo giorno famosa
per la tomba
di Vincenzo Bellini.
Epigrafe di Mario Rapisardi.
* Bibliografia
Poemetti - di M. Rapisardi - 1885/1907
V. Bellini - di C. Reina - Battiato 1902
Epistolario - di A. Tomaselli - F. Battiato 1922
Commentario Rapisardiano - di A. Tomaselli - Etna 1932




Nella ricorrenza del centenario di Bellini la casa editrice di musica di Genesio Venturini di Firenze, pubblicherà cinque pezzi inediti del divino autore della Norma.

La pubblicazione si deve alle ricerche fatte dal maestro Cav. F. P. Frontini che, fra i tanti, autografi : belliniani posseduti dall'avv.Cav. Francesco Chiarenza Astor, seppe trovare delle gemme musicali ancora sconosoiute e che sono fra i primi lavori del Sommo. 
Il maestro Frontini per renderli ancora più agevoli al pubblico, li ha ridotti per canto e Piano, cosa che ne assicura la diffusione fra gli amatori di musica.Gazzetta - Catania, settembre 1901



Genesio Venturini - Firenze. Opere postume di V. Bellini

O souvenir pagina d'album per canto. Ombre pacificheterzetto per soprano e due tenori.Pensiero musicale -  per pianoforte. Tantum ergo - per soprano. Tantum ergo genitori -  per soprano con accompagnamento di pianoforte.





In occasione del centenario Belliniano , una pubblicazione originale e interessante vien fuori, la racccolta delle opere postume di V. Bellini per cura del valente maestro compositore Francesco Paolo Frontini. Il migliore elogio che gli possiamo fare e citare i giudizii di due valenti professori.
Una lettera del prof. G. A. Cesareo in questi termini elogia il valente maestro:
Avanti , avanti, caro Frontini lei è ancor giovane, ha ingegno e può molto. Io son certo che, s' Ella vorrà, potrà raccogliere la corona di Colui che scrisse la Norma , e rivendicare il prestigio della musica schiettamente nazionale.

E il caro prof. Domenico Milelli scrive nel Corriere di Catania : Ci affida solo di poterli accogliere favorevolmente (paria dei pezzi) il gusto fine e squisito del maestro Frontini, che se ne fece editore dimostrando con ciò com' egli tenga seriamente alle vere e gloriose tradizioni dell'arte musicale italiana e come sappia efficacemente amare e venerare la memoria del suo nobile concittadino, del quale meglio che altri non faccia, egli si studia di seguire le orme gloriosamente immortali.

Lo studente Italiano - Catania, novembre 1901