Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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domenica 13 novembre 2011

Stato civile della «Cavalleria rusticana». «La Lettura» 1921, di Federico De Roberto


Stato  civile  della   «Cavalleria   rusticana».  
 «La  Lettura»,   Milano,   1°  gennaio 1921.
di Federico De Roberto
*( le correzioni o gli appunti, scritti nel bordo dell'articolo, sono di F. De Roberto).

Giuseppe Deabate, narrando nel fascicolo dell' Illustrazione italiana  dedicato  a Giovanni Verga il Battesimo della « Cavalleria rusticana», attribuisce a Cesare Rossi, fra le molte altre benemerenze, anche quella « di aver compresa, sentita, ammirata alla prima lettura, la bellezza e la forza del bozzetto drammatico del Verga  e  di  non aver esitato un istante a porlo in scena. Fu, questa la gran, lode che andò dai critici al buon naso del Rossi, per ripetere l'immagine con cui essi amavano scherzosamente alludere al gran naso di quel raro e caro attore ».
Chi, sa come precisamente andarono le cose non può far buone le lodi largite in quell'oc-casione dai critici all'attore e capocomico re-putatissimo ; e poiché la Cavalleria rusticana, è l'opera che più d'ogni altra rese popolare il nome, del grande artista ultimamente festeggiato
 da tutta l'Italia — compresa quella uffiale, che 
finalmente, accorgendosi della gloria, di Giovanni Verga, gli ha riconosciuto anche in 
Senato il posto di Alessandro Manzoni — non sarà fuor di luogo ricostruire fedelmente, la storia del piccolo grande capolavoro.


















mercoledì 27 luglio 2011

La critica dei pedanti.

Manfurio, a cui la bile e l'appetito
In legittimo amor par che s'unisca,
Grammatico, retorico, erudito.
Onniloqnente ancor che balbutisca :
Un filologo insomma alla tedesca :
Ferreo cul, cor di stoppia e faccia fresca. 
O eruditissimu
Cacapurtenti,
Ca libri in foliu
Crei di lu nenti,  - (continua qui)


Da « L'Atlantide »
(1894)
- È la  Critica un'arte ideologica. 
Metodica, ermenèutica, liturgica. 
Un' occulta scienza filologica, 
Una pratica medico-chirurgica, 
Un' alchimia, una cabala astrologica, 
Una diavoleria taumaturgica. 
Che a forza di commenti e d' ammenicoli 
Le teste a trasformar giunge in testicoli. -
.................................
- L' armi di questa gente oltre ogni detto
Bizzarre sono: han tutti il ventre ignudo.
Ma fin sopra le orecchie hanno un berretto,
E sul berretto un cardo ispido e crudo;
Un' Enciclopedia lor fascia il petto.
Un Calepino serve lor di scudo,
Un arnese hanno in man lungo a due tagli,
E un diploma di laurea in sui sonagli. -
...............................
- Ma l' arma, che ciascuno, anche il più vile, 
A mo' di freccia, in fiero atto brandisce, 
È una piccola penna, anzi uno stile, 
Cui l'Odio arrota e il Calcolo acuisce: 
D'atro veleno in tinta ha la sottile 
Punta ch' a un tempo insudicia e ferisce ; 
Nè usato mai fu con astuzia tale 
Dardo abissino ed indian pugnale. - (tratto da qui)


AD UN CRITICO
Son le tue dotte critiche
    D'arte e di scienza un codice,
    Per non scordarle, o Gellio,
    Tutte le imprimo al podice.

  • Note:

Qualcuno bramerà sapere chi sia questo Gellio, al quale sono
    indirizzati molti de' miei epigrammi. Dirò: Gellio non è un
    individuo, sibbene il riassunto di molti individui. È un composto
    di asino e di briccone; di asino che sa scrivere, di briccone che
    ha l'aria di gentiluomo; sono tipi che abbondano. Io n'ho visti e
    praticati parecchi, e spero che picchiandone uno, la battitura
    venga sentita da molti. -
CRITICO ILLUSTRE
Tutti plaudiscono?
      L'illustre critico
      Sarcasmi biascica,
      Le ciglia aggrotta.
    Tutti sbadigliano?
      L'illustre critico
      Esclama in estasi:
      «Musica dotta!»
GIUDIZI DEL PUBBLICO
Piace un dramma a Milan.... cade a Firenze;
    Fischia Venezia.... plaudirà Torino.
    Variano i gusti, varian le sentenze
    Del pubblico cretino.
LA CRITICA

Flavio maestro chiamasi,
      Dunque: perchè fa il critico?
      --Flavio fa atroci musiche.


    Sandro pittore nomasi;
      Dunque: perchè fa il critico?
      Sandro fa sgorbi orribili.


    Tullio poeta vantasi;
      Dunque: perchè fa il critico?
      Tullio è poeta pessimo.


    In base a tali esempi,
      Definirei la critica:
      Arte o mestier da invalidi.
  • Note:
Nella _Confessione generale di un critico_ ho sviluppato più
    largamente le idee accennate in questo epigramma. Amo riprodurre
    un frammento di quell'articolo:
    «_Critico letterario_ suol essere ordinariamente uno scrittore
    dappoco, negletto dagli editori e dal pubblico, inetto a concepire
    ed a produrre delle opere attraenti, epperò nemico giurato di chi
    fa, di chi riesce coll'ingegno e collo studio ad
    elevarsi--_Critico musicale_ è quasi sempre un musicista abortito,
    il quale, dopo aver pubblicato una dozzina di _polke_ pel consumo
    dei salumieri, od aver prodotta un'_opera_ altrettanto elaborata
    che stucchevole, pretende erigersi a maestro dei maestri, o
    avventandosi a quanti ottengono dei luminosi successi, crede
    rivendicare, col disprezzo di ciò che è buono e generalmente
    lodato, la propria impotenza e le sconfitte obbrobriose--_Critico
    d'arte_ è sovente un pittore reietto dalle Accademie e obliato dai
    committenti, i cui quadri, venduti sulle pubbliche aste e passati
    dall'uno all'altro rigattiere, vanno poi ad affumicarsi sulle
    ignobili pareti di qualche osteria da villaggio.
    «Non avvi idiota, il quale non sia in grado, al più o meno peggio,
    di esercitare il mestiere del critico. È tanto facile stampare su
    un quadrato di carta: Manzoni è un gramo poeta, Verdi fa della
    musica intollerabile. Vela è uno scrittore mediocre; ma non è dato
    che agli artisti di genio scrivere il _Cinque maggio_, fare
    un'opera come il _Rigoletto_ e trarre dal marmo uno _Spartaco_.
I PSEUDONIMI
Quando d'una effemeride
    Tu imbratti le colonne,
    Presumi invan nasconderti
    Nel vel di un _Ipsilonne_.
    A ognun che il testo esamini
    Subito si rivela
    Che all'ombra del pseudonimo
    Un asino si cela.
  • Note:
Un disgraziato poetastro, autore di romanzi non letti e di
    pessimi melodrammi, in più occasioni, mutando pseudonimi ed
    iniziali per non darsi a conoscere, scrisse di me e di alcuni miei
    libretti d'opera tutto il peggio che la sua bile potesse
    suggerirgli. Egli offerse _gratis_ e ottenne di veder stampati i
    suoi articoli ipocondriaci in parecchi giornali. Io lo riconobbi
    alla punta degli orecchi e rido ancora di lui.
AD UN CRITICO 2

Se per lo stil sol vivono
      I libri, i miei morranno;
      I tuoi volumi, o Gellio,
      Eterna vita avranno.


    Così fia noto ai posteri
      Fin del mio nome ignari
      Che visse al nostro secolo
      Un asino tuo pari.
  • Note:
L'opinione, accreditata dai pedanti, che la vitalità dì un
    lavoro letterario dipenda più che altro dalle bellezze dello
    stile, non trova appoggio nei fatti. Le commedie del Goldoni,
    scritte in lingua negletta, sopravvissero a quelle del Nota
    forbitissime. Si leggono con diletto le tragedie di Shakespeare
    tradotte in prosa non sempre elettissima dal Rusconi, non quelle
    di molti poeti italiani irriprovevoli per la sonorità del verso e
    per altri pregi dì forma. Autori encomiatissimi per la forbitezza
    dello scrivere, quali il Caro, il Giordani, il Tommaseo, ecc.
    ecc., trovano oggidì pochi lettori, mentre il Bandello ed altri
    novellieri antichi, non hanno cessato di dilettare col semplice
    prestìgio della originalità e della naturalezza sbadata. Si può
    essere teste da rapani e far dei libri raccomandabili come testi
    di lingua.
AD UN GIORNALISTA
Per le _inserzioni_--a _pagamento_
      La quarta pagina--hai destinata.
      Perchè da tutti--ripeter sento
      Ch'è di tue pagine--la men pagata?
BANCHETTO GIORNALISTICO
    I giornalisti all'àgape
    Fraterna convenuti,
    L'uno all'altro ricambiansi
    I brindisi e i saluti.
    L'ire gelose e gli odii
    In amistà si cangiano....
    --Sazio han davver lo stomaco;
    Fra lor più non si mangiano.


Riflessioni per gli addetti

« I critici pedanti —  dice il De Sanctis  — si contentano d'una semplice esposizione e si ostinano sulle frasi, sui concetti, sulle allegorie, su questo e su quel particolare come uccelli di rapina sur un cadavere . . . Essi si accostano ad una poesia con idee preconcette : chi di essi pensa ad Aristotele e chi ad Hegel.
Prima di contemplare il mondo poetico lo hanno giudicato : gl'impongono le loro leggi in luogo di studiar quelle che il poeta gli ha date. .... Critica perfetta è quella in cui i diversi momenti (per i quali è passata l'anima del poeta) si conciliano in una sintesi di armonia.
Il critico deve presentare il mondo poetico rifatto ed illuminato da lui con piena coscienza, di modo che la scienza vi presti, sì, la sua forma dottrinale, ma sia però come I'occhio che vede gli oggetti senza però vedere se stesso. La scienza, come scienza, è, forse, filosofia, ma non è critica ».
F. De Sanctis -  Saggi Critici - Morano - Napoli 1874


****
Esempio di pedanti

" Dante sia posto trai libri di erudizione, e della Commedia si lascino solo taluni pezzi che, raccolti e, come meglio si può, ordinati, formino non più di cinque canti. .,

" Bisogna gettare all'onda letea i nove decimi, più e non meno, della roba (sic) che il Rapisardi ha scritto, carezzato e ristampato, e sulla quale si fonda la sua notorietà: e, in questa cernita, non è facile impedire che le poche pagine degne di essere serbate non si precipitino a seguire la grande massa. 


Il pedante

« — Pedante? E sia. Del mio sapere indegno
Sarei, se contro a’ folli armato uscissi :
Nelle italiche scuole unico io regno,
Astro immortal che non conosce eclissi.

Il popol mio, che prode animo ha pregno
Di radici, di temi e di suffissi,
Presidierà, s’è d’uopo, il mio buon regno
Con pleonasmi, iperboli ed ellissi.

In trono d’aoristi e d’ablativi
Tranquillo io poggio, ma gli strali ho pronti
A punir gli empj, a sgominar gl’iniqui;

E se stretto sarò da’ casi obliqui,
Io scaraventerò contro a’ cattivi
Alcaiche e ipponattèe, giambi e scazzonti! »


martedì 1 febbraio 2011

M. Rapisardi — di G. A. Cesareo.— in — Fanfulla della Domenica 14 Gen. 1912.

Cesareo
 «Ebbene, il Rapisardi non s'ispira mai ad una realtà particolare e concreta, ma prende sempre le mosse da un concetto o religioso, o scientifico, o sociale, o morale.... Il suo mondo è una selva di allegorie, le sue creature sono una folla di simboli. In un tempo, in cui l'aspirazione della nuova coscienza era (pag. 172)l'appetito, l'animalità pura, il materialismo storico, nel tempo del verismo e del materialismo in arte, il Rapisardi costruì l'opera sua in mezzo alla nebbia impalpabile delle astrazioni... Le sue creature sono sempre ambigue, né tutte corpo, né tutte spirito, esitanti tra il sensibile e il soprasensibile....
..... E s'intende bene che creature innaturali in un mondo sovrannaturale abbian voci, sentimenti, rapporti che non corrispondono punto a quelli degli uomini: di guisa che, davanti a tali costruzioni poetiche, si prova un senso di disagio, d' oppressione, di ansietà, d'angoscia quale presso a poco deve esser quello di chi, salito sur una montagna troppo alta, non respira più che a fatica, le tempie gli martellano forte, gli si oscura la vista, le gambe vacillano, vorrebbe fuggire e si sente attratto irresistibilmente dalla vertigine dello infinito.
I poemi del Rapisardi rammentano un po' quelle costruzioni primordiali delle letterature barbariche, le quali non sono più religiose e non sono ancora arte: l'allucinazione diffluente non si è condensata nelle forme precise della creazione individuale: è un mondo in gestazione, non è ancora un mondo compiuto. Par quasi una grande nebulosa che fluttui e sfavilli; non vi si distingue nettamente alcuna figura, né di un dio, né di un eroe, né di un animale: sono parvenze esitanti, malferme, continuamente mutabili, come gli aspetti che si sviluppano da una torma di nuvole in contrasto col vento. Non sembra un'opera individuale, ma collettiva, il travaglio incessante di tante generazioni, il divenire dei secoli »
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domenica 31 ottobre 2010

lunedì 14 giugno 2010

Il diavolo non è poi così brutto come si dipinge

«Io preparo le valige per il viaggio nell'ombra, e la notizia d'un tuo lavoro sulla mia vita mi giunge grata come il saluto d'un buon amico al momento della partenza.
La mia vita è povera d'avvenimenti, e chi ha la generosa idea di narrarla, ha da contentarsi di uno studio sullo svolgimento delle mie opinioni, dei sentimenti, degl'ideali che hanno guidato la mia vita e che tutti si trovano riflessi nei miei libri.
D'inedito non intendo di lasciar nulla.
Le molte lezioni scritte, non avendo più il tempo e la pazienza di farne un libro, le distruggerò probabilmente. Più che all'erudizione e alla filosofia io, in qualità di professore, mirai sempre all'educazione del carattere, cavandone gli esempi dalla nostra « storia letteraria ».
Nient'altro di me saprei dirti; la mia modesta vita non merita molte parole, la descrizione che ne farà il principe dei biografi gioverà, spero, a far ricredere parecchi sul conto mio, a diradare la fosca leggenda, di cui mi hanno ravvolto i nemici, a far constatare che il diavolo non è poi così brutto come si dipinge, a servir di guida onesta e autorevole a coloro che avranno curiosità di conoscermi». "Eccomi dunque all'opera, senza l'aiuto diretto dell'amico, che io spero, del resto, conoscere abbastanza".
Mario Rapisardi - di A. De Gubernatis - R. Sandron 1912