Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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sabato 28 agosto 2010

LA VERA STORIA DEL FUTURISMO, la parola a Gesualdo Manzella Frontini

-Futurismo e Passatismo -
Per quanto riguarda l'appartenenza di Gesualdo Manzella Frontini al movimento futurista, bisogna risalire a quando lo scrittore, ventenne, aderisce ai motivi e alle forme di quella generazione irrequieta che sotto il Consolato austriaco grida “Viva Trento e Trieste”, generazione, inoltre, carica di una certa insofferenza per tutto ciò che andava determinandosi del tramontato Ottocento. (vedi anche qui )
Così, insieme ai compagni di studio, attacca la vecchia cultura e tutto ciò che si riferisce al passato.
Il Manzella, nel gennaio del 1907, lancia un manifesto dove sono già espresse, prima che lo facesse il Marinetti, le idee e la rivolta futurista. E a questo punto penso interessante riportare gli stessi appunti manoscritti del Manzella raggruppati in una carpetta dal titolo “Futurismo e Passatismo”.
Gli appunti servirono al Manzella per una conferenza tenuta al Kursal di Luino il 29 marzo del 1913.
Ecco cosa scrive: “ Nel gennaio del 1907 io lanciavo un manifesto che preludeva la pubblicazione d'un giornale letterario, “Critica ed Arte” forse non ignoto a qualcuno di voi. Il manifesto fu accolto con ostilità molte: esso portava fra le righe frasi stilizzate la rivolta futurista, ma non ne conteneva il nome, né la prepotenza aggressiva. Ebbi pochi aderenti e tra questi un giovane di genio, Filippo Tommaso Marinetti, che fu collaboratore nel mio giornale e che mi divenne amico affettuoso.
Era trascorso un anno quando il Figaro, il giornale diffuso parigino, lanciava al mondo col nome di futurismo un grido di elevazione di rinnovamento di nuovo orientamento, e il Marinetti eroicamente affrontava con la stessa idealità e con mie identiche la lotta ch'io non avevo saputo sostenere...”
Il manifesto lanciato dal Manzella nel gennaio del 1907, prima ancora di quello del Marinetti del 1909, non ha fortuna e la rivolta, ch'era futurista, esposta-vi dal Manzella Frontini viene accolta senza entusiasmo. 
Ma continua Gesualdo Manzella: “ Così nasceva il futurismo. Il proclama (del Marinetti) piacque a me, ed era umano che fosse piaciuto, poiché io vi leggevo la eco dell'anima mia, eco lontana che datava fin dal 1903 quando pubblicavo il mio primo volume dal titolo “Novissima – semi ritmi” ove per primo in Italia cantavo in metri liberi canzoni che la critica giudicò audaci, sconvenienti, poco sereni... Io intesi il bisogno di scrivere al Marinetti non già per aderire – ch'egli era stato un mio efficace collaboratore un anno prima – ma per ricordargli che sotto la forma di aggressiva irruenza egli non faceva che ripetere quanto avete voi già inteso nel mio manifesto...


Mi sembra opportuno, a questo punto, riportare le parole che la redazione di “Critica ed Arte” indirizza “ agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea”: “ Parta dalla terra del sole, dalla feconda terra fiorita, e dalla città ardita sotto l'incubo ognora minaccioso del possente ubèro di fuoco, o fratelli giovani, dispersi fra le ruine d'Italia, la voce di rinnovamento. Rispettosi verso coloro che abbiamo ammirato, non chiederemo il loro contributo; vogliamo che il glorioso passato giudichi il presente ardito e l'avvenire che NOI rechiamo in Noi. Cadremo forse nella lotta, ma superbi di una tale caduta”. (Critica ed Arte – Catania, gennaio 1907).  Il giornale procura tali noie al Manzella, che al quinto numero si ritira.

Proseguendo la conferenza di Luino (1913) così egli si esprime: “ So che alcuni di voi, parenti della mia piccola falange scolaresca, sono già scandalizzati per il fatto, in verità non nuovo, d'un insegnante che si occupi d'altro che non sia la scuola ed i registri e le medie e le raccomandazioni. Quest'uomo fortunatamente non è vecchio e possiede perciò quella grande virtù che il mondo non ha saputo e non saprà cantare: la fede audace, ed è così che egli vi parlerà stasera del Futurismo, convinto, convintissimo di arrecare alle vostre menti chiarezza di idee e convinzione perché possiate giudicare questi pochi apostoli fiduciosi ed esaltati di volontà”. Continuando: “ Il buon pubblico nostro non vuole operare alcun sforzo, ama che gli si dia la sua brava porzioncina di poesia o di pittura o di musica... per aperitivo o digestivo, e non crede opportuno spiegarsi alcun tentativo di novità, sia pure fatale, rispondente a necessità ideologiche o sociali. Non dice: forse non comprendo; - ma s'affretta a gridare: - siete pazzi – a coloro che sono stati chiamati dalla Natura a precorrere le vie nuove e ardite”.
Significativa è la definizione che da del Futurismo, prima del 1909: “ Se Futurismo significa esaltazione della vita, di quella vita energica ch'è moto, velocità, irruenza, violenza significa espressione perfetta della nostra anima di arrivisti, di industriali audaci e avidi, di commercianti subdoli, d'operai scontenti e rivoluzionari”. 


Lettera indirizzata a Giuseppe Lipparini il 7 luglio 1911, che riporto: “ Credetemi, caro Lipparini, noi abbiamo inventato il “futurismo” per la gravezza paludosa dell'aria che ci sta attorno e ci corrompe e ci pervade entro le vene il sangue e le carni ed il cervello; abbiamo inventato il “futurismo” per bisogno ineffabile ed impellente di nuovo, ci siamo ribellati a tutto e a tutti perché volevamo scorgere, dopo l'empietà dell'incomposta distruzione, qualcosa la quale non fosse il putrido presente incolore, astioso, convinti magari di non aver niente da dire, se non parole di ira, accenti rotti di sdegno, sconvenienze; ma era fede profonda la nostra, ed ora si è capito anche dalle persone serie, era speranza d'invenire fra i rottami il segno vivo di ciò che volevamo.
E se non esistesse bisognerebbe crearlo un movimento simile.. e chiamatelo se più vi piace anarchismo”. 
Intanto il Marinetti, pubblica il suo Manifesto e da questo momenteo inizia la corrispondenza con Manzella-Frontini. “ ….....Marinetti è un uomo che non è affatto pazzo, ma uno degli uomini più rappresentativi e geniali di questo primo quarto di secolo. Marinetti che è tempista come Mussolini e come Mussolini è d'una straordinaria sensibilità politica, abbandonando agli ulteriori sviluppi i vari futurismi, volle porsi all'avanguardia dell'anima nazionale e creò il Futurismo nazionale italiano.


L'errore nostro fu quello di aver confuso gl'indistinti moti di rivolta contro la podagrosa Italietta umbertina con l'ispirazione e con la serena visione della vita e del mondo” (L'arte fascista non sarà l'arte futurista - 1926)



***
lavori per wikisource, vedi qui



Canto  d'allarme.«Novissima Semi ritmi» (1904)

Perché,  o mio cuore,  questa sera  impaziente
tu  batti con fremito d' allarme ?
Senti tu forse il lontano ululato de la livida schiera
minacciosa dei pensieri ?
Penetra il soffio violento do la lotta e si stende
su la landa arida del cervello.
Tu fremi,  o mio cuore fedele,  nel vano  richiamo
de le disperse speranze, degli ideali lontani ;
ma non vedi gli stinchi al suolo
e l'olezzo non  senti de le carcasse imputridite?
Non vedi la schiera de le mulacchie
gracchiani su gli scheletri spogli
volteggiare ne 1' aria ?
Tu batti ancora il funebre canto de la sconfitta !
Io sento a la gola i singhiozzi de le ruine.



Bibliografia
G. Manzella Frontini, di D. Di Bella - relatore Prof. Ermanno Scuderi  1976/77
Futurismo e Passatismo, manoscritto per conferenza tenuta al Kursal di Luino, 29 marzo1913
G. Manzella Frontini, Corriere di Sicilia, 13 aprile 1963
La Redazione, Agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea, in Critica ed Arte gennaio 1906
A Giuseppe Lipparini, Corriere di Catania, 7 luglio 1911 

Biografia – G. Manzella Frontini di Vito Finocchiaro, 1985.

Il ricordo di Gesualdo Manzella Frontini è ritornato piacevole e grato alla mia mente con lo «speciale» di Gaetano Zappalà, «Don Gesualdo di Trezza», pubblicato su «La Sicilia» del 28 ottobre 1985, nella ricorrenza del centenario della nascita del letterato catanese. Definire letterato il Manzella Frontini è, forse, un poco riduttivo, anche se l'essere cultore della letteratura, e cultore come lo fu lui, è pregio non da poco. Riduttivo, nel suo caso, perché egli non fu soltanto un eccezionale, coltissimo conoscitore e profondo studioso dell'«insieme delle opere, pertinenti ad una cultura o civiltà, affidate alla scrittura», non un semplice fruitore delle opere altrui, ma un soggetto attivo, un protagonista del fatto letterario. Fu, infatti, scrittore, poeta e giornalista raffinatissimo, impegnato, espressivo e fecondo (dei suoi ottantanni di vita ne dedicò più d'una sessantina allo scrivere!), un nome autentico a livello nazionale ed europeo, se è vero, com'è vero, che lo troviamo con Filippo Tommaso Marinetti tra i fondatori del futurismo, nel 1910 tra i firmatari del «Manifesto dei drammaturghi futuristi» dello stesso Marinetti (è con i poeti Gian Pietro Lucini, Paolo Buzzi, Federico De Maria, Enrico Cavacchioli, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Libero Altomare, Luciano Folgore, Giuseppe Carrieri, Mario Bètuda, Enrico Cardile, Armando Mazza, assieme ai pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini ed al musicista Balilla Pratella) e tra le personalità che figurano nel «Manifesto delle avanguardie letterarie ed artistiche europee» firmato da Guillaume Apollinaire nel 1913 a Parigi (nell'elenco vi sono Marinetti, Picasso, Carrà, Matisse, Palazzeschi, Strawinsky, Papini, Soffici, tanto per fare dei nomi che dicono molto a tutti).
Laureato in lettere e diplomato in filologia, insegnante nei licei classici di Prato, Luino, Cassino e Catania («Cutelli» e «Spedalieri») nonché nel liceo dell'Istituto San Michele di Acireale, Gesualdo Manzella Frontini diresse i giornali romani «L'idea liberale» (1914), «Le fonti» (1918), «Corriere africano» (1930) e collaborò a numerosi giornali e riviste, tra cui «Delta», «Vita nova», «Popolo di Roma», «Anthologie», «Lavoro fascista», «Corriere emiliano», «Ausonia», «Misura», «La rassegna», «Il resto del Carlino», «Novella», «Corriere della sera», «Corriere di Sicilia», «Popolo di Sicilia», «La Sicilia», «L'ora», «Giornale di poesia», «La fiera letteraria» e «Poesia», la rivista di F. T. Marinetti. Fu autore prolifico e versatile, come si conviene a chi nutre molteplici interessi ed ha il desiderio intenso (direi meglio, figurativamente, la smania) di soddisfarli tutti. Scrisse, infatti, ben ventisei opere (e va da sé che mi riferisco a quelle pubblicate in volumi), spaziando dalla poesia al teatro, dai racconti alla letteratura ed alla retorica, dagli studi critici e dai saggi ai romanzi. Val proprio la pena di elencare i suoi libri (e lo farò in appendice, anche per ricordarne alcuni che oggi sono poco noti), divisi per sezioni, non senza notare che ognuna di queste l'Autore curò non episodicamente ma per lunghi periodi della sua intensa vita, con ampio respiro di continuità, dando corpo a coerenti sequenze temporali, che si avvertono particolarmente nei campi della poesia, della saggistica e della narrativa.
Non è, comunque, questa la sede, per chi, come me, non è un critico letterario né sa portare avanti con autorevolezza disquisizioni in chiave di puro estetismo, per approfondire il discorso su Gesualdo Manzella Frontini, scrittore ed operatore di cultura nel senso più largo dell'accezione. ........


OPERE DI G. MANZELLA FRONTINI
 
POESIA: 
«Novissima Semi ritmi» (1904),
«Le rosse vergini. Rime pagane»(1905),
«Il prisma dell'anima» (1911?),
«Sul gigli gocce sanguigne»(1920),
«Il mio libro dai campi P.W.» (1949).

RACCONTI: 
«Le lupe» (1906),
«Quando la preda è stretta» (1921).Premio “Il Seminatore”

STUDI CRITICI E SAGGI:
«La Lozana Andaluza» (1910),
«Contemporanei e futuristi» (1910),
«Auro d'Alba» (1927),
«Mario Puccini» (1927),
«Il Santo mediterraneo» (1931).
«Abate» (1932)


TEATRO: 
«L'altro sangue» (1922?),
«Verso le ombre» (1923),
«La madre immortale» (1935).

LIBRI DI LETTERATURA E DI RETORICA:
«Note di letteratura» (1921),
«Lingua e stile» (1931),
«Idee estetiche e gusto»  (1924).

ROMANZI: 
«L'Uomo che non seppe odiare» (1924),
«Il testamento di Giuda» (1925),
«Pupetta» (1926),
«Circo Barum, naja e sciacalli» (1933), premio “Accademia d'Italia”
«Scale» (1935), premio “Foce”
«Crocifissi alla terra» (1953),
«Sorte» (1961), quest'ultimo con presentazione di Bonaventura Tecchi.

VARIE: 
«Volare» (1927),
«L'eroico imperiale» (1928),
«Italia una e diversa, tutte le regioni» (1923).

***
Vedi anche: 

COSA É IL FUTURISMO ? Commento al decalogo di Gesualdo Manzella Frontini (1910) e Critica a MAFARKA-EL-BAR romanzo africano - QUI

***
Dal 1903 al 1965 scrive per La Sicilia, il Corriere dell'Isola, La voce dell'Isola, Orizzonti, Libera parola, Il Tevere, Quadrivio, La Gazzetta delle Arti, Ultimissime, Momento Sera, Le Lettere, Il lavoro Fascista, Tribuna Agricola, La Gazzetta del Sud, Il Resto del Carlino, Pomeriggio, Il Risveglio, Milano Sera.
I due pseudonimi (in sicilia) Eligio Flora e Deodato Perduti.

Collabora alle riviste
1903 Fantasmagoria
1904 La Lettura
1906 Critica ed Arte
1909 Poesia
1915 Imo de Pectore
1920 Rivista delle Signorine
1921/28 Le Fonti
1922 Il Polline
1923 Delta
1925 Polemica
1926 Bibliografia Fascista
1926/27 Le Thyrse
1926/28 Vita Nova
1926/29 L'Arte Fascista
1927 Quaderni Fascisti. Volare.
1930/31 Il Corriere Africano
1932 L'Asceta
1932/33 In Aevum
1938/39 Il Nuovo Stato
1946 Rassegna
1947 Misura
1947/48 Le Arti Belle
1947/48 Camene
1950/53 Doctrina
1955 Rassegna
1956/62 Catania
1957 Realtà
1957/60 Battaglia letteraria
1959 La Lucerna
1960 Vie Mediterranee.

A la sala anatomica. «Novissima Semi ritmi» (1904)

Oh,  ricordo perenne ! 

Un profumato autunno di tuberose, 
un acre odore d' acido fenico. 
Entrai  ne la sala anatomica  illuminata 
da le ultime fiammate d'un vespero di viola e di croco. 
Stavano stesi i cadaveri, squarciati, 
di sangue e di  grumi su le tavole chiazzate; 
Un vecchio, con l' occhio schizzato, 
avea un torace microscopico, 
su la glutine de l'occhio fetente le mosche 
importune un inno cantavano liete. 
Uno straccio di vecchio giornale turava la bocca d' un tisico, 
sul quale attenti lavoravano dei giovani : 
cedette lo sterno
fremettero i consunti, lividi polmoni 
imputriditi.
Quando su l' ultimo marmo, 
una donna vidi, da le anche spiccate, 
ed il seno avea floscio, 
ed il ventre squarciato colante materia, 
l'immagine vostra,  divina creatura, 
ne la sua carne di molle biancore 
improvvisa mi svelò la sua fresca.... 
ma pur vana bellezza.

Il dramma "La madre immortale" di Gesualdo Manzella Frontini





 Archivio Storico Luce - Attrice Marcella Albani
Giornale Luce B0485 del 06/1934