Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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mercoledì 27 luglio 2011

La critica dei pedanti.

Manfurio, a cui la bile e l'appetito
In legittimo amor par che s'unisca,
Grammatico, retorico, erudito.
Onniloqnente ancor che balbutisca :
Un filologo insomma alla tedesca :
Ferreo cul, cor di stoppia e faccia fresca. 
O eruditissimu
Cacapurtenti,
Ca libri in foliu
Crei di lu nenti,  - (continua qui)


Da « L'Atlantide »
(1894)
- È la  Critica un'arte ideologica. 
Metodica, ermenèutica, liturgica. 
Un' occulta scienza filologica, 
Una pratica medico-chirurgica, 
Un' alchimia, una cabala astrologica, 
Una diavoleria taumaturgica. 
Che a forza di commenti e d' ammenicoli 
Le teste a trasformar giunge in testicoli. -
.................................
- L' armi di questa gente oltre ogni detto
Bizzarre sono: han tutti il ventre ignudo.
Ma fin sopra le orecchie hanno un berretto,
E sul berretto un cardo ispido e crudo;
Un' Enciclopedia lor fascia il petto.
Un Calepino serve lor di scudo,
Un arnese hanno in man lungo a due tagli,
E un diploma di laurea in sui sonagli. -
...............................
- Ma l' arma, che ciascuno, anche il più vile, 
A mo' di freccia, in fiero atto brandisce, 
È una piccola penna, anzi uno stile, 
Cui l'Odio arrota e il Calcolo acuisce: 
D'atro veleno in tinta ha la sottile 
Punta ch' a un tempo insudicia e ferisce ; 
Nè usato mai fu con astuzia tale 
Dardo abissino ed indian pugnale. - (tratto da qui)


AD UN CRITICO
Son le tue dotte critiche
    D'arte e di scienza un codice,
    Per non scordarle, o Gellio,
    Tutte le imprimo al podice.

  • Note:

Qualcuno bramerà sapere chi sia questo Gellio, al quale sono
    indirizzati molti de' miei epigrammi. Dirò: Gellio non è un
    individuo, sibbene il riassunto di molti individui. È un composto
    di asino e di briccone; di asino che sa scrivere, di briccone che
    ha l'aria di gentiluomo; sono tipi che abbondano. Io n'ho visti e
    praticati parecchi, e spero che picchiandone uno, la battitura
    venga sentita da molti. -
CRITICO ILLUSTRE
Tutti plaudiscono?
      L'illustre critico
      Sarcasmi biascica,
      Le ciglia aggrotta.
    Tutti sbadigliano?
      L'illustre critico
      Esclama in estasi:
      «Musica dotta!»
GIUDIZI DEL PUBBLICO
Piace un dramma a Milan.... cade a Firenze;
    Fischia Venezia.... plaudirà Torino.
    Variano i gusti, varian le sentenze
    Del pubblico cretino.
LA CRITICA

Flavio maestro chiamasi,
      Dunque: perchè fa il critico?
      --Flavio fa atroci musiche.


    Sandro pittore nomasi;
      Dunque: perchè fa il critico?
      Sandro fa sgorbi orribili.


    Tullio poeta vantasi;
      Dunque: perchè fa il critico?
      Tullio è poeta pessimo.


    In base a tali esempi,
      Definirei la critica:
      Arte o mestier da invalidi.
  • Note:
Nella _Confessione generale di un critico_ ho sviluppato più
    largamente le idee accennate in questo epigramma. Amo riprodurre
    un frammento di quell'articolo:
    «_Critico letterario_ suol essere ordinariamente uno scrittore
    dappoco, negletto dagli editori e dal pubblico, inetto a concepire
    ed a produrre delle opere attraenti, epperò nemico giurato di chi
    fa, di chi riesce coll'ingegno e collo studio ad
    elevarsi--_Critico musicale_ è quasi sempre un musicista abortito,
    il quale, dopo aver pubblicato una dozzina di _polke_ pel consumo
    dei salumieri, od aver prodotta un'_opera_ altrettanto elaborata
    che stucchevole, pretende erigersi a maestro dei maestri, o
    avventandosi a quanti ottengono dei luminosi successi, crede
    rivendicare, col disprezzo di ciò che è buono e generalmente
    lodato, la propria impotenza e le sconfitte obbrobriose--_Critico
    d'arte_ è sovente un pittore reietto dalle Accademie e obliato dai
    committenti, i cui quadri, venduti sulle pubbliche aste e passati
    dall'uno all'altro rigattiere, vanno poi ad affumicarsi sulle
    ignobili pareti di qualche osteria da villaggio.
    «Non avvi idiota, il quale non sia in grado, al più o meno peggio,
    di esercitare il mestiere del critico. È tanto facile stampare su
    un quadrato di carta: Manzoni è un gramo poeta, Verdi fa della
    musica intollerabile. Vela è uno scrittore mediocre; ma non è dato
    che agli artisti di genio scrivere il _Cinque maggio_, fare
    un'opera come il _Rigoletto_ e trarre dal marmo uno _Spartaco_.
I PSEUDONIMI
Quando d'una effemeride
    Tu imbratti le colonne,
    Presumi invan nasconderti
    Nel vel di un _Ipsilonne_.
    A ognun che il testo esamini
    Subito si rivela
    Che all'ombra del pseudonimo
    Un asino si cela.
  • Note:
Un disgraziato poetastro, autore di romanzi non letti e di
    pessimi melodrammi, in più occasioni, mutando pseudonimi ed
    iniziali per non darsi a conoscere, scrisse di me e di alcuni miei
    libretti d'opera tutto il peggio che la sua bile potesse
    suggerirgli. Egli offerse _gratis_ e ottenne di veder stampati i
    suoi articoli ipocondriaci in parecchi giornali. Io lo riconobbi
    alla punta degli orecchi e rido ancora di lui.
AD UN CRITICO 2

Se per lo stil sol vivono
      I libri, i miei morranno;
      I tuoi volumi, o Gellio,
      Eterna vita avranno.


    Così fia noto ai posteri
      Fin del mio nome ignari
      Che visse al nostro secolo
      Un asino tuo pari.
  • Note:
L'opinione, accreditata dai pedanti, che la vitalità dì un
    lavoro letterario dipenda più che altro dalle bellezze dello
    stile, non trova appoggio nei fatti. Le commedie del Goldoni,
    scritte in lingua negletta, sopravvissero a quelle del Nota
    forbitissime. Si leggono con diletto le tragedie di Shakespeare
    tradotte in prosa non sempre elettissima dal Rusconi, non quelle
    di molti poeti italiani irriprovevoli per la sonorità del verso e
    per altri pregi dì forma. Autori encomiatissimi per la forbitezza
    dello scrivere, quali il Caro, il Giordani, il Tommaseo, ecc.
    ecc., trovano oggidì pochi lettori, mentre il Bandello ed altri
    novellieri antichi, non hanno cessato di dilettare col semplice
    prestìgio della originalità e della naturalezza sbadata. Si può
    essere teste da rapani e far dei libri raccomandabili come testi
    di lingua.
AD UN GIORNALISTA
Per le _inserzioni_--a _pagamento_
      La quarta pagina--hai destinata.
      Perchè da tutti--ripeter sento
      Ch'è di tue pagine--la men pagata?
BANCHETTO GIORNALISTICO
    I giornalisti all'àgape
    Fraterna convenuti,
    L'uno all'altro ricambiansi
    I brindisi e i saluti.
    L'ire gelose e gli odii
    In amistà si cangiano....
    --Sazio han davver lo stomaco;
    Fra lor più non si mangiano.


Riflessioni per gli addetti

« I critici pedanti —  dice il De Sanctis  — si contentano d'una semplice esposizione e si ostinano sulle frasi, sui concetti, sulle allegorie, su questo e su quel particolare come uccelli di rapina sur un cadavere . . . Essi si accostano ad una poesia con idee preconcette : chi di essi pensa ad Aristotele e chi ad Hegel.
Prima di contemplare il mondo poetico lo hanno giudicato : gl'impongono le loro leggi in luogo di studiar quelle che il poeta gli ha date. .... Critica perfetta è quella in cui i diversi momenti (per i quali è passata l'anima del poeta) si conciliano in una sintesi di armonia.
Il critico deve presentare il mondo poetico rifatto ed illuminato da lui con piena coscienza, di modo che la scienza vi presti, sì, la sua forma dottrinale, ma sia però come I'occhio che vede gli oggetti senza però vedere se stesso. La scienza, come scienza, è, forse, filosofia, ma non è critica ».
F. De Sanctis -  Saggi Critici - Morano - Napoli 1874


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Esempio di pedanti

" Dante sia posto trai libri di erudizione, e della Commedia si lascino solo taluni pezzi che, raccolti e, come meglio si può, ordinati, formino non più di cinque canti. .,

" Bisogna gettare all'onda letea i nove decimi, più e non meno, della roba (sic) che il Rapisardi ha scritto, carezzato e ristampato, e sulla quale si fonda la sua notorietà: e, in questa cernita, non è facile impedire che le poche pagine degne di essere serbate non si precipitino a seguire la grande massa. 


Il pedante

« — Pedante? E sia. Del mio sapere indegno
Sarei, se contro a’ folli armato uscissi :
Nelle italiche scuole unico io regno,
Astro immortal che non conosce eclissi.

Il popol mio, che prode animo ha pregno
Di radici, di temi e di suffissi,
Presidierà, s’è d’uopo, il mio buon regno
Con pleonasmi, iperboli ed ellissi.

In trono d’aoristi e d’ablativi
Tranquillo io poggio, ma gli strali ho pronti
A punir gli empj, a sgominar gl’iniqui;

E se stretto sarò da’ casi obliqui,
Io scaraventerò contro a’ cattivi
Alcaiche e ipponattèe, giambi e scazzonti! »


giovedì 14 ottobre 2010

Per il poeta Mario Rapisardi, le onoranze del 1889 svolte a Catania.

In queste poche righe tenterò, attraverso testimonianze altrui, di stimolare l'interesse degli  eruditi catanesi

Riconoscimenti al Titano, così intitolava il 4° paragrafo del 5° capitolo di “Una vita tormentata”, pubblicato nel 1991 da Sebastiano Catalano, con prefazione di Nicolò Mineo.

Due avvenimenti contrassegnarono lo scorcio del secolo xx: uno di segno positivo che fece risplendere ancora di più il fascino e il carisma che il docente (M. Rapisardi) esercitava sulla gioventù studiosa, la cui fama si era estesa ben oltre l'Isola ed aveva «contagiato» quelli di altre Università (Palermo, Messina, Roma ed anche straniere); l'altro minore, che toglieva qualcosa di accademico al professore, che rinunziava (per motivi di salute) a mantenere la presidenza della Facoltà di Lettere, rivestita da un decennio. Ciò avveniva agli inizi dell'anno 1899. Di ben altra risonanza e valenza il primo, volano del quale furono le manifestazioni promosse da un Comitato di studenti. L'occasione fu il giubileo di Palingenesi (1868), i Trent'anni trascorsi dalla prima edizione.

Le «Onoranze» al Vate coinvolsero studenti vicini e lontani, come le studentesse della Scuola di Magistero di Roma, le autorità cittadine (sindaco e giunta comunale, la Provincia) e tutte le associazioni esistenti allora a Catania, le tre Università e i Sindaci di Palermo e di Messina (ciascuno aderì a nome della rispettiva Città). Naturalmente furono il sindaco e la giunta comunale, che diedero con le deliberazioni adottate ad hoc una veste di festa e solennità che coinvolgeva l'intera città (come vedremo fra poco).
In quell'occasione un gruppo di studenti, particolarmente vicini al Maestro («i discepoli»), con contributi apprezzabili, diedero alle stampe una speciale pubblicazione dedicata al Vate e caposcuola.
Il Rapisardi ringraziava, qualche giorno dopo, commosso per le vibrazioni suscitate in Lui dagli scritti e dalle composizioni.
*// monumento in bronzo voluto dagli studenti universitari
Il programma e lo svolgimento completo delle «Onoranze», deliberate dal Comitato per il 19 giugno 1898, subì il veto del prefetto di Catania. (….)
Le manifestazioni, in seguito autorizzate, si svolsero nel gennaio del 1899 ed ebbero il clou con una cerimonia spettacolare al massimo, che vide la partecipazione massiccia del popolo con le rappresentanze delle autorità catanesi e degli Atenei della Sicilia, di folti gruppi di studenti delle Università di Trieste, Vienna ed altre, e che si svolse domenica 22 gennaio 1899. Per rievocare avvenimenti che hanno per teatro la città intera, occorre attingere alla cronaca coeva che è sempre prodiga di dettagli interessanti.
L'inaugurazione del monumento al Giardino Bellini: essa assurge a glorificazione in vita del Vate, consacrazione definitiva da valere per le nuove generazioni. Il programma comprendeva l'inaugurazione di esso alle ore 12, la conferenza del prof. Ragusa Moleti nel foyer del Teatro Bellini alle ore 15 e, infine, la sera del 19, un'artistica fiaccolata con «Illuminazione festiva del Palazzo Municipale e del Siculorum Gymnasium». (...)
È impossibile riassumere le proporzioni dell'avvenimento, l'imponenza del corteo che si snodava lentamente dalla Piazza Università, i gonfaloni del Municipio e delle tre Università siciliane, le bandiere di tutte le associazioni e dei sodalizi cittadini, le due bande: la municipale e quella dell'Ospizio di beneficenza, che suonavano l'inno degli studenti e l'«lnno a Rapisardi» (autore lo studente Lucio Costanzo).
All'arrivo la «Villa» era già gremita e quindi, inevitabilmente, furono invase le aiuole «fra la disperazione dei guardiani». Subito dopo lo scoprimento, i discorsi del Sindaco, di Virgilio La Scola, in rappresentanza dell'Associazione della Stampa siciliana, del professore Boner di Messina, del dottor Antonio Campanozzi per il Comitato promotore.
Poi il tentacolare corteo si dirigeva verso la casa del Poeta al Borgo. L'incontro fra il Sindaco e il Rapisardi e l'abbraccio alla sommità della scala fu sotto il segno della commozione e delle lacrime. Il cronista attento annotava: «L'illustre Poeta è stordito dalla forte emozione», mentre la folla esigeva di vedere il Poeta e «Finalmente il Rapisardi viene spinto a farsi sul balcone». È un momento esaltante e fantasmagorico, ma per il Poeta di smarrimento «Migliaia di cappelli e di fazzoletti sventolano vertiginosamente, migliaia di bocche gridano: viva Rapisardiì le bande intuonano l'inno a Rapisardi e quello agli studenti, le bandiere oscillano e s'inchinano dinanzi al Grande». «Egli, solenne, circonfuso, ringrazia col gesto, che la parola gli si ferma nella gola stretta dalla commozione...». Per la commozione il Rapisardi è costretto a ritirarsi «la vista gli si offusca, i ginocchi gli si piegano... e si ritira...».
Nonostante l'imponente partecipazione popolare non si registrò alcun disordine e turbamento dell'ordine pubblico, come si dava atto nel rapporto del delegato di P.S. al questore «La cerimonia in complesso è stata ordinatissima e seria» . Fra le personalità presenti nel corteo gli onorevoli Angelo Majorana e Giuseppe De Felice, nonché i rappresentanti della stampa catanese: Nino Martoglio, direttore del «D'Artagnan» e Paolo Arrabito, direttore della «Gazzetta della Sera», quotidiano.
Un'iniziativa editoriale e culturale di rilievo, in consonanza con le onoranze, fu assunta da Antonio Campanozzi, con l'inizio della pubblicazione della rivista «Palingenesi».
Dopo le «Onoranze» veramente eccezionali, che - come abbiamo visto - si conclusero nel gennaio 1899, il Poeta ringraziava con un messaggio diretto «Agli studenti» e rifletteva che mai come di fronte ai giorni resi solenni «io ho sentito l'insufficienza dell'opera mia» ed emergeva il senso di «malinconia». «E la malinconia cresce se considero la tristizia dei tempi e le misere condizioni a cui è ridotto il nostro sventurato paese»; concludeva esortando i giovani a credere «che la giustizia, la libertà, la pace regneranno, presto o tardi, nel mondo». Delle «Onoranze», tributate con affetto, con intensità, solennità ed ufficialità, rimangono gli «Atti», un volume di scritti critici e di rievocazioni, di cronache e di ricordi personali, pubblicato a cura dell'infaticabile presidente del Comitato promotore ed organizzatore.
*Busto all'Università (1899) - Apoteosi per un vivente.
La fase della «monumentazione» del Vate continuò con l'inaugurazione del mezzo busto all'Università, scoperto il 23 gennaio successivo alle ore 14. Oggi non più esistente, era «collocato nel muro di ponente dell'Aula Magna». Dopo gli immancabili discorsi (oratori il dott. Campanozzi, il Rettore Annibale Ricco, il prof. Giardina a nome della Facoltà di Lettere), una commissione di studenti si recò a fare visita al Poeta per consegnargli alcune pergamene, due album: uno con le firme di studenti di Vienna e l'altro con le sottoscrizioni di quelli dell'Università di Roma e delle studentesse del Magistero femminile, un quadro del pittore Alessandro Abate ed altri doni («uno scudo d'argento degli studenti triestini dell'Università di Graz»). Un'ovazione prolungata degli studenti, rimasti ad attendere sulla via «costrinse il Poeta ad affacciarsi per ben due volte». Era il massimo che il Poeta poteva concedere ai suoi giovani estimatori e discepoli! .
Questo grande avvenimento, motivo di orgoglio per qualsiasi persona, turbò il professore Rapisardi. Ecco le «conseguenze» sul comportamento successivo del Poeta, come le riferisce un testimone, il prof. Casagrande «Quando per il giubileo della sua Palingenesi (1899) gli studenti delle tre Università di Sicilia gli decretarono un busto di bronzo, Egli si scusò d'intervenire all'inaugurazione solenne, e d'allora in poi non passò più per la corsia del corridoio superiore, che gli avrebbe mostrato la sua apoteosi. Egli in quella apoteosi vide invece le estreme sue esequie. Da questo quadro esce un uomo schivo, modesto, che scansava le riunioni solenni e, insieme, il fastidio della popolarità, restìo alle esibizioni ed agli applausi.
Vedi anche
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Catania per Rapisardi doveva essere quella che è Bologna per Carducci(_), invece, lo relega in una sconosciuta stanza, della Biblioteca Ursino Recupero.
Victor Hugo, che a lui testualmente disse : “J'ai lu, monsieur, votre noble pòeme. Vous ètes un prècurseur…….” non sbagliava. Studiandolo, sentirete che il Rapisardi, oltre a prendervi emotivamente, era proiettato nel futuro, i suoi pensieri e i suoi giudizi possono essere riportati integralmente nella società attuale, forse questo, irrita tanto i "tromboni" attuali.
“Di notevole non cè nulla nella mia vita” scrisse, “ se non forse questo, che, bene o male, mi son formato da me, distruggendo la meschina e falsa istruzione ed educazione ricevuta, e istruendomi ed educandomi da me, a modo mio, fuori di qualunque scuola, estraneo a qualunque setta, sdegnoso di sistemi e di pregiudizi”.